giovedì 31 marzo 2011

UNDERGROUND MUSICALE ITALIANO, LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA

di Beatrice Fiaschi

“Saremo come gli aironi che abitano vicino al campo nomadi / andremo ancora a letto vestiti / come ai tempi dei primi freddi e degli elenchi telefonici sui reni / delle scintille che facevi / ti diranno che sei poco produttiva / proprio adesso che l’America è vicina / è come andare sulla luna in fiat uno / è come lavorare in cina / ma sei sempre il sole che scende in un ufficio pubblico / per appenderci un altro crocifisso / di sera nelle zone artigianali / per tradirsi per brillare come le mine e le stelle polari / e sempre come un amuleto tengo i tuoi occhi nella tasca interna del giubbotto..” [cit. “Quando tornerai dall'estero”].

Testi impegnati, problematiche sociali e attuali, disagio giovanile in versi complessi e corde di chitarra. Le luci della centrale elettrica sono tutto questo, un progetto nato per volere del cantautore ferrarese Vasco Brondi nel 2007. L’eclettico artista dapprima auto-produce i suoi lavori, e poi ottiene l’attenzione dell’etichetta “La tempesta dischi”, con la quale escono entrambi i dischi delle Luci della centrale elettrica: nel 2008 “Canzoni da spiaggia deturpata” e “Per ora noi la chiameremo felicità” del 2010.

Vasco Brondi pubblica anche un libro: il 13 ottobre 2009 è infatti stato pubblicato con la casa editrice Baldini Castoldi Dalai “Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero”, che raccoglie i post del suo blog e altri suoi scritti. L’attività del giovane artista è inoltre sempre monitorabile sul sito ufficiale www.leluci.net dove è anche disponibile l’elenco completo delle date in cui Le luci della centrale elettrica si stanno esibendo dal vivo in molte città italiane.

Intanto, fortunata doppia data a Roma con il tutto esaurito: il 16 e il 17 marzo Vasco Brondi ha intonato i suoi inni social-letterari presso il Circolo degli artisti, locale molto noto nella movida romana e ritrovo per molte delle band underground del momento. Il live è stato un momento musicale da brividi: in una sala piuttosto raccolta e gremita, tra l’oscurità rotta soltanto da un uso emozionale delle luci colorate, d’un tratto si è levato l’inconfondibile intro di “Cara catastrofe”, pezzo d’apertura del secondo album e della serata.

Da subito ci si rende conto che il concerto sarà un crescendo: la voce tagliente di Vasco si mescola alle due chitarre ed è percossa dalla batteria e accarezzata dal violino. L’impatto che Vasco Brondi ha sul palcoscenico è forte, carismatico. La personalità controversa dell’artista si esprime in poco più di un’ora di ottima musica, in cui i più bei pezzi prendono forma e colore e vengono cantati a gran voce dal giovane pubblico.

È incredibile la lucidità con cui i testi colgono la complessità di questo momento storico, la difficoltà che vi è dietro quelle che dovrebbero essere le più normali azioni della vita quotidiana. Siamo tutti vittime e protagonisti della nostra stessa precarietà lavorativa, affettiva, sentimentale, esistenziale. E la crudezza di questi fotogrammi scritti da Vasco Brondi descrive momenti del suo disagio che è anche il nostro. I momenti dell’abbandono, dell’impossibilità di amare, dell’inquinamento che ci consuma i polmoni, dei meccanismi perversi in cui la società ci incatena e dai quali non possiamo e non vogliamo liberarci. Di questa esistenza che ci costringe a sparare “dei forse da tutte le finestre”. E insieme a tutto questo grigiore talvolta si schiude anche la dolcezza di momenti strappati alla vita, in cui possiamo, seppur temporaneamente, sentire che ci siamo.

ORA, EDEN O IL SOGNO ERETICO? NELL’IMBARAZZO DELLA SCELTA TRA JOVANOTTI, SUBSONICA E CAPAREZZA

di Alessandra Vitullo

Traumatizzati da Sanremo, non disperate. L’anno 2011 sembra che stia regalando anche un po’ di buona musica. Almeno secondo il mio modestissimo orecchio.

Tutto cominciò a gennaio, quando finalmente uscì il tanto atteso album di Jovanotti, Ora. Sinceramente non si era presentato molto bene agli ormai ventennali fan (e da ora in poi per fan intendo solo i fedelissimi dagli albori) di Lorenzo, memori e ancora turbati dal passato album, Safari, dal quale uscì come hit la romanticissima A te (da non confondersi con la altrettanto dolcissima Per te, almeno di dieci anni prima), a cui ha fatto funestamente seguito il mellifluo singolo Baciami ancora, colonna sonora dell’omonimo film di Muccino.

Al primo ascolto, del primo estratto, Tutto l’amore che ho, anche la fede dei più accaniti fan stava ormai vacillando. Brancolavano nel buoi, si aspettavano che, col nuovo lavoro, ritornasse il Jova di una volta, quello un po’ rap, un po’ funk, un po’ punk, che messo insieme non è niente di tutto ciò, ma che comunque piace.

Poi a fine gennaio il cd. Intimoriti lo comprammo e cominciammo ad ascoltarlo a naso turato, et voilà: Lorenzo è tornato a farci ballare. Tamburi, cori, voci nere, ma anche tanta musica elettronica, non sono i tempi de L’ombelico del mondo, ma da Safari abbiamo fatto progressi.

Tuttavia radio, televisioni e lo stesso Lorenzo, continuano a strizzare l’occhio alle new generation, ai fan dell’ultima ora, per intenderci, quelli che, dopo aver dedicato o aver ricevuto come dedica una delle tantissime e romaniticissime canzoni di Jovanotti, se ne sono improvvisati fan. Ed ecco, infatti, che l’ultimo estratto, Le tasche piene di sassi, rischierebbe di far cadere definitivamente nello sconforto anche i suoi stoici sostenitori, se non fosse che loro, adesso, sono in possesso sia di Ora cd1 che di Ora cd2, e potranno così ritemprarsi e riscattarsi, ascoltando anche un po’ di questo: http://www.youtube.com/watch?v=-k-4qDkhrP0

Freschissimi di settimana (passata), invece, sono i nuovi album dei Subsonica e di Caparezza. Un accostamento stridente, ma che in entrambi i casi è piacevolissimo all’ascolto.

Partiamo dai primi che ritornato dopo 4 anni da L’eclissi. Tutto sotto controllo, i fan hanno ritrovato il sintetizzatore, le distorsioni, la pianola di Boosta… talmente ritrovati che i Subsonica sembrano mettere le mani avanti nel testo di Benzina Ogoshi, dove il refrain ripete convulsamente: “Non siete riusciti a bissare Microchip emozionale”, secondo album della band torinese, dal quale prende il via la loro vocazione per la musica elettronica. La canzone elenca le ipotetiche, ma forse anche reali, critiche che il mondo dell’intellighenzia musicale gli potrebbe muovere contro: “E non va bene di qua, e non va bene di là, e non si capiscono le parole, quando fai così sei troppo commerciale, quando fai cosà non si capisce un ca..oh e mi sembri mia madre!”.

Quindi, lungi dal cadere nella banalità della Critica, ecco riconosciuto ai Subsonica tutto l’impegno di rimanere fedeli allo loro stile, che non tenta di allargarsi verso nuove fette di pubblico, ma che nello stesso tempo, ha il coraggio di rischiare, sperimentando forme nuove di espressione: “Istrice” uno dei primi inediti usciti dal cd, è stato lanciato con un video shock, potremmo definirlo un piccolo cortometraggio horror, subito additato dai censori e mai trasmesso in tv. Eccolo con i suoi 2000epassa mi piace su you tube: http://www.youtube.com/watch?v=DcxF1vYTb7g

Last but not least, Caparezza! La fervente mente di Michele Salvemini ha partorito un nuovo eclettissimo cd, Il Sogno eretico. La sorprendente abilità di giocare con le parole, tra doppi sensi e umorismo, spaziando su mondi inimmaginabili, anche stavolta è stata confermata. Galileo Galilei e Giordano Bruno, sono insieme a Kevin Spacey e al nostro Presidente del Consiglio. Il cd scotta, per due motivi: uno per la lucidità e la schiettezza con cui Capa le canta a tutti: dalla chiesa al popolo italiano; due, per l’attinenza dei temi messi in rima, caldi, caldi, di cronaca: intercettazioni, festini, belle ragazze, isola dei famosi, con tanto di nipote di Faber… Ma a Caparezza la migliore pubblicità gliel’ha fatta sicuramente il ministro per l’Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi, affermando: “Caparezza in un paese normale non venderebbe”. È naturale, io aggiungo, non avrebbe di che scrivere.

Caparezza sale al secondo posto nella classifica degli album più venduti, dopo i Modà … a conferma che non siamo in un paese normale. http://www.youtube.com/watch?v=yYgdGg9fFkE&feature=related